sabato 30 gennaio 2016

Tributi

Un fantastico tributo (che mi ero perso) fatto al Kennedy Center Opera House di Washington D.C. , in onore dei Led Zeppelin, con una platea d'eccezione...

martedì 12 gennaio 2016

Il ritorno tra le stelle

Non è mia intenzione, ma purtroppo alla soglia del millesimo post, ho le batterie un po' scariche e il tempo sotto le feste, per me, è quel che è, quindi soprattutto a causa dei tristi eventi che hanno caratterizzato la fine del 2015 e l'inizio del 2016 (nel mondo della musica in particolare), ad aprire la bacheca di questo blog sembra di sfogliare un necrologio.
Eppure non posso sottrarmi ad un pensiero per quello che credo essere una colonna portante della musica moderna.
Come ha detto Chris Cornell, non ci sono abbastanza parole per descrivere David Bowie e quello che ci ha lasciato, però posso dire quello che è stato per me e, a giudicare da quanto si legge in giro, per tanti altri.
L'ho conosciuto nella mia tarda adolescenza, certo anche prima, ma l'avevo sempre vissuto come uno di quei personaggi difficili da capire. Buona parte la giocava anche il mio molesto integralismo di allora, quando la musica era una bandiera di cui vestirsi, i generi come dogmi e l'appartenenza ad uno "stile" era sempre in conflitto con tutto ciò che non ne faceva parte.
Considerando che la mia bibbia era il metal e i miei vangeli (e le mie letture in generale) si chiamavano Metal Hammer, Metal Shock e Psycho!, la mia considerazione verso mondi meno cupi era decisamente ridotta.
Fortunatamente si cambia e pur non smettendo amare la birra, si scoprono un sacco di altre bevande altrettanto soddisfacenti.
Ecco, questo cambiamento per me ha nome ben preciso: David Bowie.
Non parlo di una folgorazione, dopotutto dal metal passai al crossover e poi via a scoprire e riscoprire mondi nuovi, ma fu proprio un'articolo su di lui a farmi capire che un bieco integralismo era dannoso soprattutto per me, che il pregiudizio era solo una debolezza e che il saper ascoltare solo una cosa, significava non aver capito nulla.
Durante un'intervista proprio su una di quelle riviste, ricordo che chiesero al membro di una band (di cui nemmeno ricordo il nome..), quale artista aveva influenzato il loro stile. Ricordo bene la mia sorpresa a leggere David Bowie nella risposta, in un mondo abbastanza autoreferenziale, in cui in genere le risposta può variare dai grandi "Padri fondatori" a nomi sconosciuti che comunque danno un certo tono alla conversazione.
Mi colpì profondamente il concetto di questo musicista, che sosteneva che per crescere bisognava cercare ispirazioni da mondi lontani dal proprio, come faceva di continuo Bowie, sperimentando senza sosta, attraversando generi e generazioni.
Qualche tempo dopo, in un negozi di dischi, fui attirato dall'acquisto di un disco del Duca Bianco, che però dovetti rimandare per l'esiguo budget di cui disponevo e che era già abbondantemente insufficiente per soddisfare altri più impellenti bisogni musicali.
Da quel momento però ascoltai con più attenzione le uscite di Bowie e mi scontrai decine di volte con cover, riferimenti e tributi alle sue canzoni, fino ad una ricerca profonda e meravigliosa che mi stregarono profondamente.
Ci sono alcuni post su questo blog che parlano di Bowie, ma tutto quello che mi viene in mente per descriverlo è invitarvi ad ascoltarlo.