I Muse sono tornati e come sempre hanno fatto il botto.
The 2nd Law è un lavoro che si presta ad ogni interpretazione, basta leggere le recensioni sparse sul web o riascoltarlo a fondo ogni volta per catturarne caratteri differenti.
Certo è, che l'armata di Bellamy & C. non ha più alcun problema a far ciò che gli passa per la testa, sperimentando, ispirandosi, esagerando e stupendo.
Il disco è un concentrato di generi, atmosfere e suoni, impastati con arrangiamenti arditi al limite dello sfacciato, che si permettono di far convivere nel giro di pochi secondi o spesso sovrapposti brani orchestrali, ritmiche dubstep, melodie disco '70, cadenze serrate, elettronica eterea, schitarrate rock, riff prog e spruzzate di jazz.
I Muse non sono nuovi a questi canoni, ma questa volta si sono superati, portando a casa un trionfo di colori capaci di abbattere la barriera dell'originalità, oscurando i tanti passaggi che sanno di già sentito, le melodie che ricordano quella canzone o quel solo un po' troppo ispirato.
Da musicista sarebbe l'album su cui avrei voluto suonare, perchè c'è spazio per tutto, ennesima dimostrazione di quanto il trio Britannico (con annessa orchestra di 30 elementi e una schiera di ingegneri del suono, produttori e coristi) sappia farci con la musica.
Il loro talento, già consacrato con l'affido al loro estro della colonna sonora delle Olimpiadi 2012 (e anche con il desiderio di Matteo Renzi ad affidare a loro l'eventuale nuovo inno del PD... vabbè.. ), viene supportato anche da una campagna mediatica ben studiata, con un'immagine forte e sempre modernissima, che fa parlare di loro senza bisogno di sprofondare nel gossip o nella polemica.
L'ultima trovata, che ha fatto il giro del mondo con centinaia di post e interrogativi sui social, è lo strano basso utilizzato da Christopher Wolstenholme nel video di Madness e successivamente nei live di presantazione del singolo.
L'argomento, che mi ha fatto notare un'amico (grazie Fikez!), si è trasformato in leggenda, fino a parlare di uno strumento "alieno" un basso i-pad creato appositamente per il bassista dei Muse, o in alternativa una messa in scena per mascerare un tristissimo playback.
In realtà si tratta di un versione per basso della più celebre Misa Kitara, prodotta e distribuita dalla Misa Digital Instruments.
Christopher Wolstenholme ne ha realizzato (o chi per lui) una versione ibrida su un basso elettrico, con il risultato di stupire il mondo con uno strumento praticamente mai visto.
Va detto, ad onor del vero, che la Misa Kitara è in commercio da un paio d'anni e sviluppa la tecnologia Touch con la possibilità di creare nuove sonorità (live) impossibili da ottenere altrimenti con campionatori tradizionali. Quindi, sempre ad onor del vero, non si tratta dell'anello di congiuzione tra la Fender e il controller di Guitar Hero!
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