Nel nostro Giardino
Vergogna, tremenda vergogna: gli europei si sentono più coinvolti dagli attentati di Parigi che da quelli che esplodono ogni giorno in altre aree del pianeta. Delle trentaduemila vite mietute l’anno scorso dalla falce terrorista, solo alcune centinaia erano occidentali. Il 2,6% del totale. Eppure è intorno a quello striminzito 2,6 che noi piangiamo le nostre lacrime migliori e organizziamo dibattiti e rappresaglie, razzisti disumani che non siamo altro.
Ai flagellanti che sono già all’opera per titillare una specialità della casa - il senso di colpa - vorrei garbatamente esprimere il mio dissenso. Non è il razzismo a guidare i nostri impulsi emotivi, ma un umanissimo criterio di prossimità. Ti preoccupi di più se va a pezzi l’appartamento del tuo vicino che se crolla un grattacielo su Marte. Le stragi immonde di Boko Haram in Nigeria ci sconvolgono, ma non ci coinvolgono. Gli attentati di Tunisi, in cui pure morirono quattro italiani, e quelli di Sharm el-Sheikh, villaggio vacanze europeo sul Mar Rosso, li abbiamo incassati con un certo autocontrollo. Al di là della naturale commozione per le vittime, il segnale che trasmettevano al nostro cervello era: non puoi più muoverti di casa. Ce ne siamo fatti una ragione. Ma gli eccidi di Parigi diffondono un messaggio molto più stringente: rischi la pelle persino se resti a casa tua. Dove per «casa» si intende non solo il luogo in cui abiti, ma la comunità che condivide le tue abitudini e i tuoi codici. L’Occidente, insomma. Sarà anche una debolezza, ma è davvero una vergogna o un delitto riconoscerla?
Un terrorista piccolo piccolo
Più dei cattivi e dei fessi, il male sembra attrarre irresistibilmente gli sfigati. Abaaoud, il giovane belga che ha coordinato gli attentati del 13 novembre, era anzitutto questo. Uno sfigato. La lettura a ritroso del suo telefonino non offre dubbi al proposito. Le prime immagini, postate qualche anno fa, ritraggono auto di lusso e donne nude a cavalcioni di una moto. Desideri identici a quelli di un frequentatore del Billionaire, ma lontanissimi dalla realtà di un ragazzotto senza né arte né parte, che gli amici di allora definiscono «un piccolo coglione», in cerca di qualcuno che lo guardi e gli dia importanza. L’Isis è quel qualcuno. Lo attira in Siria, gli mette a disposizione i soldi, un mitra e un’idea basica di mondo - noi siamo i fighi, gli altri le zecche – che è quella di cui ha bisogno per sentirsi vivo. Il contrario dell’arachide di Superpippo. Abaaoud prende la nocciolina del male e diventa una Superpippa. Le immagini sul telefonino cambiano: eccolo sorridere tronfio, finalmente a bordo di un macchinone, mentre scarica in un fosso i cadaveri di dieci «infedeli» e inneggia alla guerra santa contro «laicità e democrazia». Concetti astratti, di cui forse non capisce il senso, ma capisce benissimo che odiarli dà un senso a lui. Mi torna alla mente una vecchia serie tv, i Visitors, dove gli extraterrestri malefici in cerca di quinte colonne sulla Terra ingaggiavano «un piccolo coglione». Gli davano la divisa, un mitra, un’idea di sé, e ne facevano una spietata macchina da guerra. Gli sfigati fanno più danni dei cattivi. Per fortuna alla fine perdono sempre. Altrimenti che sfigati sarebbero?
Mi torna alla mente una vecchia serie tv, i Visitors, dove gli extraterrestri malefici in cerca di quinte colonne sulla Terra ingaggiavano «un piccolo coglione». Gli davano la divisa, un mitra, un’idea di sé, e ne facevano una spietata macchina da guerra. Gli sfigati fanno più danni dei cattivi. Per fortuna alla fine perdono sempre. Altrimenti che sfigati sarebbero?