martedì 27 gennaio 2009

Mino Reitano

A 64 anni si spegne un simbolo della musica italiana e voglio pubblicare questo articolo di G.Ferraris (che potete trovare su LaStampa.it) che lo ricorda in maniera agrodolce e, trovo, molto onesta.

Il bene che gli uomini fanno giace con essi nella tomba, mentre il male gli sopravvive». Vorrei che per una volta almeno Shakespeare avesse torto. Mino Reitano lo meriterebbe. Perché era un brav’uomo. E adesso che se n’è andato a 64 anni, vinto dal tumore dopo tante sofferenze sopportate con cristiana rassegnazione, mi piacerebbe che dimenticassimo in fretta gli ultimi anni, quelli in cui Mino Reitano s’era ridotto a quel ruolo macchiettistico da trasmissioni tv del pomeriggio, Italia Italia strillata a qualsiasi microfono gli capitasse a tiro, e quello sguardo da cagnone maltrattato che mi faceva pure un po’ rabbia. Mi piacerebbe che questo Mino Reitano finisse nel dimenticatoio dove finiscono, grazie al cielo, tutti gli incidenti della brutta televisione; e vorrei invece rendere omaggio a un cantante che non ho mai amato – abissalmente lontano da ogni mia tolleranza musicale – ma che non ho potuto non rispettare: lui, contrariamente a tanti, sapeva cantare. Anche se non mi piaceva quello che cantava. E poi, lui era vero. La sua storia era vera. Era una storia che fa pensare. La storia di un calabrese poverissimo, nato che ancora tuonava il cannone della guerra, emigrato in Germania giovanissimo, quando ancora gli italiani emigravano, e in Germania aveva fatto due incontri di quelli che potrebbero anche salvarti la vita. Il primo incontro fu il rock’n’roll. Con i suoi fratelli, Mino formò una rock’n’roll band, e penso sia stato il primo italiano a suonare il rock’n’roll. E mentre suonava il rock’n’roll in un locale di Amburgo fece il secondo incontro, incontrò quattro inglesotti che suonavano il rock’n’roll pure loro, e si facevano chiamare Quarrymen. Poi ciascuno tornò a casa propria, i Quarrymen diventarono i Beatles e Mino Reitano diventò «quello di Avevo un cuore che ti amava tanto». Nel ’68. Capite? Anche una vita fortunata – e Reitano tutto sommato ha avuto una vita fortunata – può essere costellata di sfighe. Tipo arrivare al successo con una canzone melodicissima e tradizionalissima e italianissima in pieno Sessantotto. Proprio mentre i tempi stavano cambiando. Comunque, con Avevo un cuore e Una chitarra cento illusioni ci fece dei bei soldi, e con i soldi si costruì pure la sua «piccola città» ad Agrate Brianza, che chiamò «Reitanopoli» e ci portò a vivere, oltre alla moglie e alle due figlie, l’intero parentado. Quando dico che la storia di Mino Reitano è una storia vera. L’emigrante calabrese che ha successo e si costruisce un paese per riunire tutti i parenti su al Nord, in Brianza. Da film. Ad ogni modo, i tempi stavano cambiando. Mino ebbe appena il tempo di infilare un altro paio di successi memorabili fino al luogo comune – Meglio una sera piangere da solo e la trashissima Era il tempo delle more – e fu il diluvio, l’invasione angloamericana, la «grande purga del pop» che all’alba degli Anni Settanta sterminò un’intera generazione di cantanti melodici italiani riducendoli, nel giro di pochi mesi, e con rarissime eccezioni, al ruolo – di cui non si sono più liberati – di «nomi da revival» buoni per le feste di piazza. Da allora, Reitano ha fatto il suo mestiere con mesto senso del dovere. È andato a Sanremo sottoponendosi al facile sberleffo di giornalisti schifiltosi (ma che di musica ne sapevano infinitamente meno di lui, e per di più non avevano mai diviso il palco con i Beatles) e alle imitazioni carognesche dei comici a corto d’idee (finché non hanno scoperto Masini), è andato in tournée ritrovando applausi e gloria tra gli italiani all’estero, è andato in tivù a fare qualsiasi cosa gli chiedessero di fare, specialmente afferrare il microfono e gridarci dentro Italia Italia. Già: quella canzone, tardiva e fallace speranza di un ritrovato fulgore, gli valse il sesto posto al Festival dell’88, e un’ineludibile condanna per il rimanente, successivo ventennio. Ecco, questo vorrei che passasse in fretta. Ma ricorderò sempre Mino Reitano come un bravo cantante, una persona per bene, e uno che ha diviso il palco con i Beatles. Ne ho conosciuti pochi, così.