Torna il Festival di San Remo che dovrebbe essere il tempio della musica Italiana. Purtroppo oggi a causa di tanti fattori, questo non è più così vero. Politica, vincoli commerciali, case discografiche, scelte artistiche e poca voglia di azzardare nel rinnovamento, hanno portato questa concorso (tra i più celebri al mondo) a diventare un contenitore luccicante dal contenuto spesso opaco.
Il Festival non rappresenta tutta la musica Italiana, ma una parte di essa, quella più tradizionale con le sue armonie e le sue forme filo liriche che tanto hanno affascinato il mondo intero.
Sarebbe riduttivo però fermarsi a questo. In Italia la musica si è sviluppata, se pur con grande difficoltà, in tutte le direzioni, dal rock più duro, alla classica più sperimentale, contaminandosi di continuo con quanto arriva dall’estero.
Al Festival non si chiede di celebrare questo, sarebbe troppo bello e troppo utopico, ma se si riuscisse ad accentrare il discorso musicale a discapito del gossip, delle copertine e del business, investendo maggiormente sulla canzone anziché sul contorno, forse tornerebbe ad avere un ruolo anche educativo nei confronti di chi da questo genere ha preso le distanze.
Tornare a celebrare la musica melodica italiana per quello che è, con i suoi cantautori, con i suoi arrangiamenti, le grandi voci e perché no, con le sue contaminazioni, sarebbe utile per far riscoprire ai più giovani un patrimonio immenso che rischia di andare perso.
Vivo la musica in maniera lontana da quella del Festival, rapito dal rock, soprattutto straniero, mi trovo spesso in difficoltà ad avvicinarmi a frange della musica popolare italiana, ma ho grande rispetto di questo mondo (in particolare per gli anni passati..) e per mia fortuna, anche una discreta conoscenza in materia. La passione per la musica Italiana non è mai stata una rivale di quella per il rock e spesso l’una mi ha fatto comprendere meglio l’altra. Inoltre ci sono canzoni che descrivono i cambiamenti socio-storici del nostro Paese, meglio di un libro di storia. Abbiamo cantautori che non hanno nulla da invidiare ai miti stranieri, e tecnicamente artisti enormi. Se poi si considera la complessità della lingua italiana, difficile da musicare, ma ricca di termini capaci di spiegare, raccontare e spesso rendere poetico un concetto, il mondo delle canzoni italiane è tutt’altro che banale.
In 60 anni di ottima musica ne è passata su quel palco, e sarebbe bello che si tornasse al fasto musicale di qualche decennio fa. Il festival può essere una buona occasione e non una cattiva abitudine.
In questi giorni posterò alcune canzoni che trovo rappresentative di questa manifestazione, canzoni che in un modo o nell’altro mi hanno colpito, incuriosito e a volte conquistato.
Casa Bianca di Marisa Sannia, scritta da Don Backy, si classificò 2^ all’edizione del 1968 e oltre ad essere un bellissimo pezzo, trovo faccia capire quanto questa manifestazione richiedesse capacità, anche per un’artista così giovane che si trovava di fronte a quella platea senza un solo aiuto (monitor, cuffie, riverberi vocali ecc..). Marisa Sannia si è spenta nel 2008 a Cagliari, dopo una carriera da cantante, autrice e attrice, per molti mai riconosciuta realmente per il suo valore.
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