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giovedì 30 aprile 2015
lunedì 27 aprile 2015
Impotenza e stupidità
Come stride il mondo, da una parte l'impotenza dell'uomo sulla natura e sulla sua potenza, dall'altra la stupidità della violenza per motivi tanto futili quanto stupidi.
mercoledì 22 aprile 2015
Non si cambia mai
L'ennesima tragedia in un mare che mai come negli ultimi anni è diventato un cimitero.
Uomini, persone, disperati ed approfittatori, attorno ai quali danzano avvoltoi, a cui poco importa di quanto accade, pronti a piangere davanti alle telecamere o a lavarsi la coscienza con discorsi pregni di buoni propositi.
Nulla cambia, piccole azioni che mirano a calmare gli animi, senza curarsi della situazione che si aggrava, scatenando una guerra tra disperati, tra chi non è pronto ad accogliere e chi non può non partire.
Dai lontani tavoli europei su cui rimbalzano colpe e responsabilità, fino a quei baracconi galleggianti, dove in caso di pericolo si sceglie chi sacrificare in base alla religione, nulla sembra cambiare.
Eppure chiamare emergenza questa situazione sa d'imbroglio, perchè è insito nel termine il fattore temporale che svanisce nei lunghi anni in cui queste tragedie si susseguono.
Eppure hanno ragione tutti: non si può chiudere le porte in faccia a chi fugge per salvarsi, non si può aprire le porte con l'evidente incapacità di accogliere seriamente chi arriva tutelando la loro salute e la nostra sicurezza, non si può chiedere che intervengano gli altri quando noi stessi abbiamo sempre rinviato le decisioni, spesso per favorire chi lucra su queste disgrazie.
Contemporaneamente non si può pretendere che uno Stato, a causa della sua posizione geografica si faccia carico di un esodo che riguarda ormai un continente.
Ha ragione chi dice che stiamo pagando il prezzo di secoli di saccheggi e sfruttamenti, di politiche che hanno portato al potere tirannie e uomini corrotti che potessero favorire i nostri "commerci".
Ha ragione anche chi dice che non possiamo farci carico di problematiche legate a terre in cui i valori e le ideologie sono spesso in contraddizione con le nostre.
Insomma, hanno ragione tutti e per conseguenza tutti hanno torto.
Nel frattempo altre persone fuggiranno da guerre e carestie finendo affogati, e chissà cosa penseranno in quei momenti, mentre la vita che cercavano di salvarsi gli viene strappata nella solitudine di un mare che separa due mondi così diversi.
Purtroppo però questo non cambierà, almeno non nel nostro paese, dove un opinione viene tacciata di razzismo e un proposito di ipocrisia.
Non è cambiato nulla se non l'odio che aumenta assieme alle difficoltà, odio da parte di chi individua negli stranieri i responsabili delle mancanze che rendono la loro vita un inferno. Odio da parte di chi vede queste persone come razzisti e violenti, un pericolo da contrastare. Odio partorito dalle istituzioni che lo alimentano per nascondere la propria incompetenza.
Non si cambia mai perché non lo sappiamo fare, perché cambiamento significa mettersi in discussione, rinunciare a delle certezze per poter avere delle opportunità.
Non si cambia perché per farlo bisogna essere spesso impopolari, al limite del crudele, perché una società civile si basa sull'uguaglianza e non sul garantismo ostentato.
Non si cambia perchè in qualche decennio siamo passati da un sogno ad una triste realtà in cui i diritti si sono confusi con i doveri, in cui le differenze si sono accentuate e in cui alcuni privilegi non sono più permessi.
Uomini, persone, disperati ed approfittatori, attorno ai quali danzano avvoltoi, a cui poco importa di quanto accade, pronti a piangere davanti alle telecamere o a lavarsi la coscienza con discorsi pregni di buoni propositi.
Nulla cambia, piccole azioni che mirano a calmare gli animi, senza curarsi della situazione che si aggrava, scatenando una guerra tra disperati, tra chi non è pronto ad accogliere e chi non può non partire.
Dai lontani tavoli europei su cui rimbalzano colpe e responsabilità, fino a quei baracconi galleggianti, dove in caso di pericolo si sceglie chi sacrificare in base alla religione, nulla sembra cambiare.
Eppure chiamare emergenza questa situazione sa d'imbroglio, perchè è insito nel termine il fattore temporale che svanisce nei lunghi anni in cui queste tragedie si susseguono.
Eppure hanno ragione tutti: non si può chiudere le porte in faccia a chi fugge per salvarsi, non si può aprire le porte con l'evidente incapacità di accogliere seriamente chi arriva tutelando la loro salute e la nostra sicurezza, non si può chiedere che intervengano gli altri quando noi stessi abbiamo sempre rinviato le decisioni, spesso per favorire chi lucra su queste disgrazie.
Contemporaneamente non si può pretendere che uno Stato, a causa della sua posizione geografica si faccia carico di un esodo che riguarda ormai un continente.
Ha ragione chi dice che stiamo pagando il prezzo di secoli di saccheggi e sfruttamenti, di politiche che hanno portato al potere tirannie e uomini corrotti che potessero favorire i nostri "commerci".
Ha ragione anche chi dice che non possiamo farci carico di problematiche legate a terre in cui i valori e le ideologie sono spesso in contraddizione con le nostre.
Insomma, hanno ragione tutti e per conseguenza tutti hanno torto.
Nel frattempo altre persone fuggiranno da guerre e carestie finendo affogati, e chissà cosa penseranno in quei momenti, mentre la vita che cercavano di salvarsi gli viene strappata nella solitudine di un mare che separa due mondi così diversi.
Purtroppo però questo non cambierà, almeno non nel nostro paese, dove un opinione viene tacciata di razzismo e un proposito di ipocrisia.
Non è cambiato nulla se non l'odio che aumenta assieme alle difficoltà, odio da parte di chi individua negli stranieri i responsabili delle mancanze che rendono la loro vita un inferno. Odio da parte di chi vede queste persone come razzisti e violenti, un pericolo da contrastare. Odio partorito dalle istituzioni che lo alimentano per nascondere la propria incompetenza.
Non si cambia mai perché non lo sappiamo fare, perché cambiamento significa mettersi in discussione, rinunciare a delle certezze per poter avere delle opportunità.
Non si cambia perché per farlo bisogna essere spesso impopolari, al limite del crudele, perché una società civile si basa sull'uguaglianza e non sul garantismo ostentato.
Non si cambia perchè in qualche decennio siamo passati da un sogno ad una triste realtà in cui i diritti si sono confusi con i doveri, in cui le differenze si sono accentuate e in cui alcuni privilegi non sono più permessi.
sabato 18 aprile 2015
martedì 14 aprile 2015
70'Blackmore
Taglia il traguardo dei 70 anni uno dei più grandi musicisti della storia del rock: Ritchie Blackmore.
Sarebbe stato troppo semplice celebrarlo con un pezzo dei Deep Purple che ha contribuito a creare e a trasformare nel mito che sono diventati.
Nella sua lunga carriera Blackmore ha attraversato tante epoche, permettendosi il lusso, privilegio dei grandi devoti alla musica, di tracciare nuovi sentieri, di prendere ed abbandonare band, collaborare con i più grandi ma anche con i giovani più intraprendenti, fino a dedicarsi assieme alla moglie al suo progetto più recente e forse più "estremo", in una riscoperta della musica rinascimentale, trasformata con alchimie rock, in qualcosa di più moderno.
I Blackmore's Night non sono certo un progetto che mira a scalare le classifiche ne tantomeno punta ad un'autocelebrazione cavalcando il fantasma di se stesso.
I Blackmore's Night sono un vero e proprio tributo alla musica medioevale, con tanto di costumi e concerti selezionati tra fiere rinascimentali e meravigliosi castelli, con un seguito minore ma ben motivato ed affezionato.
Blackmore ha dimostrato nella sua carriera di aver vinto il peso del personaggio che era diventato, seguendo le sue passioni e costruendoci un mondo attorno, esattamente come fece alla fine degli anni 60, trasformando il suo stile nei pilastri del rock.
Sarebbe stato troppo semplice celebrarlo con un pezzo dei Deep Purple che ha contribuito a creare e a trasformare nel mito che sono diventati.
Nella sua lunga carriera Blackmore ha attraversato tante epoche, permettendosi il lusso, privilegio dei grandi devoti alla musica, di tracciare nuovi sentieri, di prendere ed abbandonare band, collaborare con i più grandi ma anche con i giovani più intraprendenti, fino a dedicarsi assieme alla moglie al suo progetto più recente e forse più "estremo", in una riscoperta della musica rinascimentale, trasformata con alchimie rock, in qualcosa di più moderno.
I Blackmore's Night non sono certo un progetto che mira a scalare le classifiche ne tantomeno punta ad un'autocelebrazione cavalcando il fantasma di se stesso.
I Blackmore's Night sono un vero e proprio tributo alla musica medioevale, con tanto di costumi e concerti selezionati tra fiere rinascimentali e meravigliosi castelli, con un seguito minore ma ben motivato ed affezionato.
Blackmore ha dimostrato nella sua carriera di aver vinto il peso del personaggio che era diventato, seguendo le sue passioni e costruendoci un mondo attorno, esattamente come fece alla fine degli anni 60, trasformando il suo stile nei pilastri del rock.
venerdì 10 aprile 2015
Concordo
Come spesso accade sono in pieno accordo alla riflessione di Massimo Gramellini suglie eventi di ieri, comprese le reazioni!
FONTE LA STAMPA
Un paranoide condannato per bancarotta fraudolenta compie una strage a palazzo di Giustizia, ammazzando tra gli altri anche un giudice, e immancabilmente salta su qualcuno a denunciare il clima ostile creatosi intorno alla magistratura. Come se ad armare la mano omicida fosse stata la polemica politica sulla responsabilità civile e le ferie dei giudici. Come se quel magistrato fosse stato ucciso in quanto simbolo dell’indipendenza delle toghe e non in quanto bersaglio di una resa dei conti maturata nella testa di un uomo ossessivamente ripiegato sui fattacci suoi. (A cui nessuno aveva pensato di togliere il porto d’armi dopo la condanna: è questo, oltre alle difese colabrodo del tribunale, il vero mistero e il vero scandalo).
Poiché la lista dei morti è completata da un avvocato e da un socio dell’assassino, se ne deve forse dedurre che anche le categorie degli avvocati e dei soci avrebbero diritto di lamentare un atteggiamento persecutorio nei loro confronti? Gherardo Colombo ha sicuramente parlato sotto l’impulso del dolore personale: quel giudice era un ex collega e un amico. E prima di svalutare il lavoro dei magistrati bisogna sempre ricordarsi, come ha fatto Mattarella, che operano in prima linea sulla carne viva del Paese. Ma certe manipolazioni emotive della realtà alimentano il mostro nazionale del vittimismo. Mentre Colombo commentava un fatto di cronaca nera per sottolineare il disagio della magistratura, altri trasformavano il truffatore omicida in un prodotto della crisi economica. E così si perdeva di vista che a uccidere e a morire non erano stati dei simboli, ma degli esseri umani.
FONTE LA STAMPA
Un paranoide condannato per bancarotta fraudolenta compie una strage a palazzo di Giustizia, ammazzando tra gli altri anche un giudice, e immancabilmente salta su qualcuno a denunciare il clima ostile creatosi intorno alla magistratura. Come se ad armare la mano omicida fosse stata la polemica politica sulla responsabilità civile e le ferie dei giudici. Come se quel magistrato fosse stato ucciso in quanto simbolo dell’indipendenza delle toghe e non in quanto bersaglio di una resa dei conti maturata nella testa di un uomo ossessivamente ripiegato sui fattacci suoi. (A cui nessuno aveva pensato di togliere il porto d’armi dopo la condanna: è questo, oltre alle difese colabrodo del tribunale, il vero mistero e il vero scandalo).
Poiché la lista dei morti è completata da un avvocato e da un socio dell’assassino, se ne deve forse dedurre che anche le categorie degli avvocati e dei soci avrebbero diritto di lamentare un atteggiamento persecutorio nei loro confronti? Gherardo Colombo ha sicuramente parlato sotto l’impulso del dolore personale: quel giudice era un ex collega e un amico. E prima di svalutare il lavoro dei magistrati bisogna sempre ricordarsi, come ha fatto Mattarella, che operano in prima linea sulla carne viva del Paese. Ma certe manipolazioni emotive della realtà alimentano il mostro nazionale del vittimismo. Mentre Colombo commentava un fatto di cronaca nera per sottolineare il disagio della magistratura, altri trasformavano il truffatore omicida in un prodotto della crisi economica. E così si perdeva di vista che a uccidere e a morire non erano stati dei simboli, ma degli esseri umani.
martedì 7 aprile 2015
Two Gallants - What the Toll Tells (2006)
Saranno i postumi del viaggio in Irlanda, il verde acceso delle colline che aciuganavo al sole o lo 'svacco' culinario e fisico della giornata di ieri, ma più più volte ho pensato a questo disco come plausibile colonna sonora delle ore che passavano.
In effetti un qualche cosa a che fare con l'irlanda i Two Gallants ce l'hanno: il loro nome è tratto dal racconto Gente di Dublino di James Joyce.
A pensarci bene anche il carattere folk del disco si sposa bene con lo stile bucolico che ha caratterizzato il mio dopo Pasqua.
Se poi forziamo un po' anche il fatto che siano californiani, che ci siano parti di armonica e lunghe ballate appoggiate ad arpeggi pizzicati su chitarre acustiche, bé, un po' di "svacco" ce lo possiamo immaginare!
Di certo è che i Two Gallants sono e restano un duo straordinario nella loro semplicità e questo disco è così ricco da essere perfetto per tante occasioni, comprese le Pasquette bucoliche tra braciole e buon vino (e birra)!
Il disco in questione è What the Toll Tells, del 2006, fondamentalmente perchè la canzone che mi girava in testa era Threnody in Minor B, con tutte le sue contaminazioni.
Folk, Country, Punk, Rock e Blues, tutto mescolato e spremuto da nove canzoni che non si appoggiano a grandi produzioni, ma che hanno quel sapore genuino e un po' grazzo che si nasconde nelle cose fatte con devozione, senza l'ansia del dover sembrare perfette.
In effetti un qualche cosa a che fare con l'irlanda i Two Gallants ce l'hanno: il loro nome è tratto dal racconto Gente di Dublino di James Joyce.
A pensarci bene anche il carattere folk del disco si sposa bene con lo stile bucolico che ha caratterizzato il mio dopo Pasqua.
Se poi forziamo un po' anche il fatto che siano californiani, che ci siano parti di armonica e lunghe ballate appoggiate ad arpeggi pizzicati su chitarre acustiche, bé, un po' di "svacco" ce lo possiamo immaginare!
Di certo è che i Two Gallants sono e restano un duo straordinario nella loro semplicità e questo disco è così ricco da essere perfetto per tante occasioni, comprese le Pasquette bucoliche tra braciole e buon vino (e birra)!
Il disco in questione è What the Toll Tells, del 2006, fondamentalmente perchè la canzone che mi girava in testa era Threnody in Minor B, con tutte le sue contaminazioni.
Folk, Country, Punk, Rock e Blues, tutto mescolato e spremuto da nove canzoni che non si appoggiano a grandi produzioni, ma che hanno quel sapore genuino e un po' grazzo che si nasconde nelle cose fatte con devozione, senza l'ansia del dover sembrare perfette.
sabato 4 aprile 2015
Musica dalla natura
Diego Stocco è un musicista italiano che da anni realizza musiche piuttosto particolari.
E' diventato celebre grazia ad alcuni video virali realizzati suonando elementi non proprio convenzionali.
In questo, per esempio, girato per celebrare l'Earth day 2012, Diego suona piante, semi, frutta e foglie raggiungendo un risultato sorprendente!
Diego Stocco - Music from Nature from Diego Stocco on Vimeo.
E' diventato celebre grazia ad alcuni video virali realizzati suonando elementi non proprio convenzionali.
In questo, per esempio, girato per celebrare l'Earth day 2012, Diego suona piante, semi, frutta e foglie raggiungendo un risultato sorprendente!
Diego Stocco - Music from Nature from Diego Stocco on Vimeo.
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