martedì 13 aprile 2010

Rage Against The Machine - Rage Against The Machine (1992)



Era il 1992 quando uscì questo disco che definirei storico per tanti motivi. Innanzitutto il genere, il Rap-Metal (come definito allora, poi adottato dal crossover, poi political-core per i testi ecc..) dei RATM non aveva le contaminazioni che i Red Hot Chili Peppers, i primi Faith no More, i Run DMC avevano sdoganato (Hip Hop, Rock, Funky), ma grazie alla voce e la rabbia di Zack de la Rocha e alla creatività di Tom Morello, erano in grado di evitare sintetizzatori, basi e magheggi elettronici, realizzando un suono diretto e senza compromessi, divenuto il segno che più li contraddistingue. Poi il loro marcato impegno politico-sociale, sempre al centro di ogni testo, a giustificarne l’enorme carica energica e rivoluzionaria, le loro battaglie per le minoranze sociali e contro le censure, senza scendere mai a compromessi, anche davanti alle critiche che polemizzavano riguardo al loro contratto con la Epic Records (sussidiaria della Sony, multinazionale “del sistema”), alle quali loro risposero affermando che è inutile lanciare un messaggio se nessuno può ascoltarlo, e fino a quando non ci fossero state ingerenze sulla loro produzione avrebbero approfittato di un canale distributivo così potente.
Questo disco, vero e proprio capolavoro, non si risparmia in niente, a partire dalla copertina, con la fotografia scattata da Malcom Browne che ritrae l’immolazione del monaco buddista Thích Quảng Đức, che nel 1963 si diede fuoco, restando completamente immobile ed in silenzio, in segno di protesta contro l’oppressione del governo Sud-Vietnamita e dei suoi alleati cattolici, nei confronti del loro movimento (storia drammatica ed affascinante che vi consiglio di approfondire nei tanti suoi drammi e aspetti quasi leggendari).
Ogni canzone tratta di argomenti impegnati, tra le più note Bombtrack (manifesto sulla sottomissione delle minoranze, “Padroni e puttane del potere hanno fatto a turno col mio popolo disputandosi gli smoking cui do fuoco e poi li guardo bruciare”), Killing In The Name Of, Bullet In The Head, Know Your Enemy (con la partecipazione di Maynard James Keenan, cantante dei Tool), Freedom e Wake up per citarne alcune. Ma sono tanti anche i riferimenti storici e sociali, come il “Manifest Destiny”, il Ku Klux Klan, i Weathermen, e decine di altre pagine più o meno scure del mondo, soprattutto Usa, attuale.
Un disco che non invecchia, ne nella sostanza ne nella forma, una band che resterà indelebile.



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