Spazio aperto per tutti! Un luogo dove condividere notizie, consigli, recensioni, pensieri, progetti e musica! Il Concerto per un Amico attivo tutto l'anno! Vuoi diventare autore del blog? contattaci!
venerdì 30 luglio 2010
mercoledì 28 luglio 2010
lunedì 26 luglio 2010
Stigma – Concerto For the Undead (2010)
La prima volta che ho avuto il piacere di ascoltare questo disco è stato nella mia sala prove, pompato dalle casse in una sorta di anteprima assoluta regalatemi da Andrea (Chitarrista degli Stigma appunto)! Già allora mi fu chiaro che il progetto degli Stigma aveva preso un’altra direzione, un evolversi che ho gradito da subito.
Per chi non li conoscesse, questa formazione Italianissima (targati CN) è una delle realtà più apprezzate del panorama death metal nostrano, giunti al loro secondo album, dopo un crescendo di popolarità e sviluppo musicale.
Da sempre ispirati dal mondo del cinema Horror, e fortemente contaminati dall’hardcore (specie quello USA) e dal death (specie quello Svedese ) questo disco rispetta la loro tradizione, pur dimostrando forti cambiamenti e tante nuove tinte musicali.
Intanto è chiaro l’intento di dare una forma più tradizionale ai brani, rispettando una metrica con strofe, ritornelli e deliziosi assoli che danno un certo carattere al disco. Bellissima prova di Stefano “Vlad” Ghersi, che conferma una vocalità potente e presente, spesso accompagnata da cori o supportata da ospiti di tutto rispetto! Sono presenti infatti sul disco (prodotto da Jona Weinhofen, chitarrista dei Bring Me The Horizon) membri di Dead To Fall e The Red Shore.
La sezione ritmica di Stefano Ghigliano e Flavio Magnaldi non da tregua, un susseguirsi di incastri e rullate forsennate che trascinano il disco, costituendo l’ossatura dei brani che vedono nelle intuizioni di Andrea Bailo l’aspetto più melodico e forse più innovativo. Una fucilata insomma, in cui sono riconoscibili molte contaminazioni (In flames, Killswitch Engage..), ma che ha anche infiltrazioni più heavy e riff decisamente metalcore che danno un’impronta sempre più personale, verso uno stile che sembra in continuo sviluppo, visto soprattutto la loro grande capacità di rinnovamento.
Un ultimo plauso va alla produzione, capace di realizzare un livello qualitativo eccellente, con suoni sorprendenti ed arrangiamenti curatissimi! Decisamente un ottimo lavoro!!
venerdì 23 luglio 2010
RETTIFICA GIORNALI E PRIMI NOMI DELLA 12^ EDIZIONE
E’ uscito su alcuni giornali un primo redazionale della 12 edizino. Purtroppo fino alla scorsa settimana, il giovedì sera, quello dell’HardRock night, sembrava definito, ma purtroppo è saltato tutto. Come indicato sul redazionale, dovevano esibirisi i Bury Tomorrow e i Sylosis, avevamo praticamente chiuso le trattative, tanto da inserirli nel redazionale richiestoci da questi quindicinali che poi avrebbero sospeso per ferie le loro uscite. Non per colpa nostra ma per l’ennesima poca professionalità di chi gestisce le band, ci troviamo ora ad annullare la serata per com’era programmata, cosa già accaduta molte altre volte, ma mai dopo le pubblicazioni. Ci scusiamo per tanto con i lettori dei giornali e con gli editori per questo disguido, impegnadoci a realizzare una serata speciale e ricca!
Intanto sul sito continuano a comparire i nomi dei protagonisti della 4 giorni musicali del CONCERTO PER UN AMICO 12^ EDIZIONE!
Intanto sul sito continuano a comparire i nomi dei protagonisti della 4 giorni musicali del CONCERTO PER UN AMICO 12^ EDIZIONE!
mercoledì 21 luglio 2010
ROCK WERCHTER 2010 - DAY 3: fuoco e fiamme!
Giunti al terzo giorno con un cielo coperto e un po’ più clemente, con calura attenuata da qualche temporale, il fisico non più teenager ha imposto un po’ di riposo, concesso anche da una line-up meno ricca di sensazioni, ma non meno entusiasmante. Grazie ai consigli del mio “gota” della musica abbiamo potuto apprezzare gli Yeasayer, band di Brooklyn che si presenta con un genere definito dal suddetto “un pop un po’ psichedelico”… per me semplicemente indie con un mix di tante contaminazioni : ci ho sentito dei TV on the Radio, un po’ di Architecture in Helsinki, ci ho visto anche i The National e sicuramente un po’ di Calcutta, di Beirut, di Kinshasa e credo anche Lima! Insomma, musica stupefacente, viaggi sonori su e giù per il pianeta, suoni beat e percussioni afro-orientali, un frontman che è l’immagine del medioriente e la voce del suk ad accompagnare un’elettronica incalzante che ha eletto questi cinque newyorkesi nei “must” della mia raccolta discografica. E di bands di questo genere chissà quante me ne sono perse in questi giorni, ma bisogna dare priorità…e in questa terza giornata la mia aveva un nome ben preciso (e sicuramente un po’ inquietante). Ma per arrivare lì, in prima linea davanti ad uno spettacolo spumeggiante ( o forse è meglio dire fiammeggiante) mi è toccato passare per il circo (non in senso spregiativo, ma letterale!) di Pink…non ho ancora capito se alla fine mi è piaciuto o meno, certo è che la domanda che mi è sorta spontanea (e non solo per questo concerto) è: perché i cantanti non si limitano a cantare? O meglio perché la cornice di show diventa più importante della musica stessa? Sarò un po’ bigotta e sicuramente poco propensa al pop, ma…beh, non ci spreco troppe parole, guardatevi il video qui sotto per capire cosa intendo.
E poi questa mania (di nuovo, non solo di Pink) di contornare tutto di fumi, fiammelle e fuochi d’artificio…diamo a Cesare quel che è di Cesare: gli spettacoli pirotecnici li possono fare solo loro: i Rammstein.
Lo so, l’industrial metal può essere un po’ pesante dopo un po’, ma loro sono i rappresentanti teutonici nel mondo della musica…e non solo…una volta nella vita bisogna averli visti dal vivo. Uno spettacolo impressionante, scenografia inquietante, cupa, metallica, in tono con l’immagine che la band ha voluto dare di sé negli anni. Più che un concerto è stato anche questo uno spettacolo vero e proprio, con scatch un po’ macabri, a volte piuttosto kitch, ma in fondo in linea con i personaggi. Sei artisti, tecnicamente notevoli, cha hanno fatto di questo nome, noto a noi per il famoso incidente delle Frecce Tricolore, una bandiera, spesso scomoda, della Germania nel mondo. Accusati spesso di simpatie naziste, sicuramente hanno scandalizzato il mondo con video e testi che, mentre all’inizio della loro carriera non lasciavano nulla di sottinteso, oggi diventano sempre più ambigui e sibillini, toccando temi scomodi e tabù che nessun altro ha osato.
Provocatori? Sicuramente, ma è proprio questo il bello del loro successo, che definirei…bruciante.
E poi questa mania (di nuovo, non solo di Pink) di contornare tutto di fumi, fiammelle e fuochi d’artificio…diamo a Cesare quel che è di Cesare: gli spettacoli pirotecnici li possono fare solo loro: i Rammstein.
Lo so, l’industrial metal può essere un po’ pesante dopo un po’, ma loro sono i rappresentanti teutonici nel mondo della musica…e non solo…una volta nella vita bisogna averli visti dal vivo. Uno spettacolo impressionante, scenografia inquietante, cupa, metallica, in tono con l’immagine che la band ha voluto dare di sé negli anni. Più che un concerto è stato anche questo uno spettacolo vero e proprio, con scatch un po’ macabri, a volte piuttosto kitch, ma in fondo in linea con i personaggi. Sei artisti, tecnicamente notevoli, cha hanno fatto di questo nome, noto a noi per il famoso incidente delle Frecce Tricolore, una bandiera, spesso scomoda, della Germania nel mondo. Accusati spesso di simpatie naziste, sicuramente hanno scandalizzato il mondo con video e testi che, mentre all’inizio della loro carriera non lasciavano nulla di sottinteso, oggi diventano sempre più ambigui e sibillini, toccando temi scomodi e tabù che nessun altro ha osato.
Provocatori? Sicuramente, ma è proprio questo il bello del loro successo, che definirei…bruciante.
martedì 20 luglio 2010
CONGRATULAZIONI!!
Il 19 luglio sarà una data da ricordare, almeno per la mia famiglia!
Innanzitutto la grandissima soddisfazione regalataci da mi fratello Dario, che si è laureato in Business Administration alla Facoltà di Economia dell'Università di Torino, con la bellezza di 110 e lode! Sti ca**i (permettetemelo!)!
Poi, tornati a casa, il piccolo Tommy Rock, ha deciso di farsi i suoi primi 3 passi senza alcun sostegno! Bè immaginatevi l'emozione!!
Che qualche mese fe, al battesimo, in questa foto, si stessero accordando??
GRAZIE A TUTTI E DUE e... CONGRATULAZIONI!!
lunedì 19 luglio 2010
If I Die Today - "Scars"
Pochi giorni fa mi arriva sulla bacheca di FB, questo link molto gradito! Gli If I Die Today, presentano il videoClip di "Scars" diretto e montato da Luca Dal Lago, produzione Noctunal Movies, Label Wynona Records. Bel pezzo e bel video, un'altra conferma della qualità della musica nostrana! Grandi ragazzi!
giovedì 15 luglio 2010
ROCK WERCHTER 2010 - DAY 2 : ...di tre
"...E poi, possiamo non parlare della grande capacità di Billy Joe di reggere il palco e intrattenere il pubblico?!
Abilità che emerge ancor più se confrontata con i tentativi maldestri di emulazione da parte di Jared Leto qualche ora prima su quello stesso palco.
Il leader dei Green Day ha usato la tecnica di rendere massimo il coinvolgimento del pubblico rendendolo partecipe attivo dello show.
E così abbiamo visto ragazzine incredule salire sul palco per cantare le canzoni più famose dei loro tre idoli accompagnate strumentalmente proprio da loro.
Abbiamo ammirato un improvvisato corpo di ballo scelto tra il pubblico scatenarsi sulle note di American Idiot.
Il pubblico, in quanto tale, era e si sentiva parte della coreografia.
Certo che, se limitandosi all’anagrafe dei tre membri - tutti intorno ai 38 anni – poteva sorgere la preoccupazione che i Green Day si stessero avviando ormai verso la loro fase calante, averli visti dal vivo è stato rassicurante e beneaugurante per il futuro.
Continuano a evolversi e a maturare, contrariamente a molti loro colleghi continuano a migliorare, ma soprattutto continuano ad avere quella energia straordinaria che li ha contraddistinti per 16 anni e con la quale hanno conquistato il grande parco di Werchter.
Anche se non dobbiamo dimenticare il contributo alla magia di quella sera da parte delle migliaia di presenti. Che non devono aver lasciato per nulla indifferenti i tre protagonisti, se ad un certo punto Billy Joe si è fatto scappare un ‘Better than in America…’
Questo post è venuto giu’ tutto d’un fiato, e come un fiume in piena.
E’ bastato solo ripensare alle tante emozioni e il resto è venuto da solo.
Ora però, guardando indietro alle pagine già scritte finora, mi rendo conto di un po’ di cose:
1. Non scrivevo così tanto dai tempi del tema di Maturità
2. Per aver parlato di un gruppo solo mi sono dilungato un po’ troppo e ora è il momento di concludere
Ma sapete che c’è? A questo punto non voglio piu’ chiudere io.
Facciamolo chiudere a loro, con le stesse parole con cui hanno chiuso quel fantastico concerto in una calda notte di inizio estate."
(Trip)
Abilità che emerge ancor più se confrontata con i tentativi maldestri di emulazione da parte di Jared Leto qualche ora prima su quello stesso palco.
Il leader dei Green Day ha usato la tecnica di rendere massimo il coinvolgimento del pubblico rendendolo partecipe attivo dello show.
E così abbiamo visto ragazzine incredule salire sul palco per cantare le canzoni più famose dei loro tre idoli accompagnate strumentalmente proprio da loro.
Abbiamo ammirato un improvvisato corpo di ballo scelto tra il pubblico scatenarsi sulle note di American Idiot.
Il pubblico, in quanto tale, era e si sentiva parte della coreografia.
Certo che, se limitandosi all’anagrafe dei tre membri - tutti intorno ai 38 anni – poteva sorgere la preoccupazione che i Green Day si stessero avviando ormai verso la loro fase calante, averli visti dal vivo è stato rassicurante e beneaugurante per il futuro.
Continuano a evolversi e a maturare, contrariamente a molti loro colleghi continuano a migliorare, ma soprattutto continuano ad avere quella energia straordinaria che li ha contraddistinti per 16 anni e con la quale hanno conquistato il grande parco di Werchter.
Anche se non dobbiamo dimenticare il contributo alla magia di quella sera da parte delle migliaia di presenti. Che non devono aver lasciato per nulla indifferenti i tre protagonisti, se ad un certo punto Billy Joe si è fatto scappare un ‘Better than in America…’
Questo post è venuto giu’ tutto d’un fiato, e come un fiume in piena.
E’ bastato solo ripensare alle tante emozioni e il resto è venuto da solo.
Ora però, guardando indietro alle pagine già scritte finora, mi rendo conto di un po’ di cose:
1. Non scrivevo così tanto dai tempi del tema di Maturità
2. Per aver parlato di un gruppo solo mi sono dilungato un po’ troppo e ora è il momento di concludere
Ma sapete che c’è? A questo punto non voglio piu’ chiudere io.
Facciamolo chiudere a loro, con le stesse parole con cui hanno chiuso quel fantastico concerto in una calda notte di inizio estate."
(Trip)
ROCK WERCHTER 2010 - DAY 2 : tre
"Quando lo scorso marzo iniziò a prendere prepotentemente piede l’idea di partecipare a un Festival Rock nell’estate che si stava avvicinando, ci trovammo di fronte a due validissime alternative tra le quali scegliere: il festival di Arras in Normandia e quello di Werchter in Belgio.
Stesso periodo – prima settimana di Luglio – e due line up molto simili e attraenti, coronate entrambe dall’esibizione dei Pearl Jam.
Ma c’è stato un gruppo, un gruppo solo, presente in Belgio ma non in Francia, che in quel momento fece pendere l’ago della bilancia inequivocabilmente verso Werchter: il 2 Luglio 2010 alle ore 23.00 spaccate salivano sul palco i Green Day, acclamati da un pubblico di oltre 80.000 persone in delirio.
Sono sicuro che in tanti penseranno che tutta questa carica e tutto questo entusiasmo per i Green Day siano esagerati, ma che ci posso fare?
Gli idoli generano uno stato di empatia in coloro che li adorano che non va giustificata e che non va compresa.
E così, se da un lato è vero che musicalmente il festival di Werchter offriva sicuramente di meglio (vedi Muse, Pearl Jam, …), è anche altrettanto vero che io a Werchter ci sono andato sicuramente per vedere i Green Day.
La loro musica è stata la mia colonna sonora dall’adolescenza fino a stamattina e probabilmente continuerà ad esserlo fino a quando quei tre avranno voglia di divertirsi e divertire come hanno fatto quella notte.
E quella stessa colonna sonora è stata ripercorsa in oltre due ore e mezza di concerto durante le quali hanno riproposto tutti i progetti della loro carriera musicale, da Imsomniac a 21st Century Breakdown, passando per Warning e American Idiot.
E non hanno rinnegato neanche i primissimi anni dei loro esordi, quelli dell’album Dookie, dal quale hanno attinto ben tre pezzi: Basket Case, When I come around e Longview.
I Green Day sono stati capaci di cavalcare i tempi e di saper parlare a diverse generazioni nel corso degli anni.
Loro sono cresciuti insieme al loro pubblico e nel frattempo continuavano a generare adepti tra i giovani che di volta in volta si avvicinavano al genere punk pop.
Prova ne è che sotto lo stesso palco c’erano a cantare a squarciagola sia ultratrentenni – molto più legati ai revival dei primi album – sia adolescenti, molto più preparati sugli ultimi brani..." (CONTINUA...)
Stesso periodo – prima settimana di Luglio – e due line up molto simili e attraenti, coronate entrambe dall’esibizione dei Pearl Jam.
Ma c’è stato un gruppo, un gruppo solo, presente in Belgio ma non in Francia, che in quel momento fece pendere l’ago della bilancia inequivocabilmente verso Werchter: il 2 Luglio 2010 alle ore 23.00 spaccate salivano sul palco i Green Day, acclamati da un pubblico di oltre 80.000 persone in delirio.
Sono sicuro che in tanti penseranno che tutta questa carica e tutto questo entusiasmo per i Green Day siano esagerati, ma che ci posso fare?
Gli idoli generano uno stato di empatia in coloro che li adorano che non va giustificata e che non va compresa.
E così, se da un lato è vero che musicalmente il festival di Werchter offriva sicuramente di meglio (vedi Muse, Pearl Jam, …), è anche altrettanto vero che io a Werchter ci sono andato sicuramente per vedere i Green Day.
La loro musica è stata la mia colonna sonora dall’adolescenza fino a stamattina e probabilmente continuerà ad esserlo fino a quando quei tre avranno voglia di divertirsi e divertire come hanno fatto quella notte.
E quella stessa colonna sonora è stata ripercorsa in oltre due ore e mezza di concerto durante le quali hanno riproposto tutti i progetti della loro carriera musicale, da Imsomniac a 21st Century Breakdown, passando per Warning e American Idiot.
E non hanno rinnegato neanche i primissimi anni dei loro esordi, quelli dell’album Dookie, dal quale hanno attinto ben tre pezzi: Basket Case, When I come around e Longview.
I Green Day sono stati capaci di cavalcare i tempi e di saper parlare a diverse generazioni nel corso degli anni.
Loro sono cresciuti insieme al loro pubblico e nel frattempo continuavano a generare adepti tra i giovani che di volta in volta si avvicinavano al genere punk pop.
Prova ne è che sotto lo stesso palco c’erano a cantare a squarciagola sia ultratrentenni – molto più legati ai revival dei primi album – sia adolescenti, molto più preparati sugli ultimi brani..." (CONTINUA...)
martedì 13 luglio 2010
sabato 10 luglio 2010
venerdì 9 luglio 2010
ROCK WERCHTER 2010 - DAY 2 : 36 degrees
…che non è purtroppo la famosa canzone dei miei amati Placebo, che a questo festival mi hanno abbandonata, ma la temperatura registrata in questa seconda giornata, sostenuta da un sole cocente a cui si poteva solo far fronte cercando refrigerio in litri di Hoegaarden Rosée e ombra sotto un palco ancora poco animato.
Sinceramente, dopo la pubblicità fattami dagli esperti in materia di metal, mi aspettavo qualcosa di più dai Coheed and Cambria (chiedo umilmente perdono a chi li ha visti a Torino e successivamente osannati, parere personale...), che hanno performato mediocremente con brani che non mi hanno particolarmente colpito per originalità o bravura tecnica. Ma magari è l’effetto della birra alla ciliegia. E sicuramente ha anche giocato a loro sfavore il fatto di essere seguiti in scaletta da dei sorprendenti e a me fino ad allora sconosciuti Rise Against, il cui nome mi faceva pensare a tutto fuorché ad una voce limpida e calda, accompagnata sì da chitarre dure e rullanti arrabbiati ma che si alternano con abilità a cori e riff melodiosi che a tratti ricordano i Killswitch Engage. Apice dello spettacolo raggiunto con una straziante Hero of War, descrizione e riflessione acustica dell’esperienza di guerra, che ha garantito a questo quartetto di Chicago (che la rete mi dice oggi essere anche politicamente impegnato, Straight Edge, ambientalista e vegano) uno dei primi posti nella mia classifica “the best of Werchter”.
E’ chiaro che dopo tale successo e in attesa fremente degli ultimi due grandi spettacoli della giornata la sorte dei 30 Seconds to Mars non è stata altrettanto rosea. Dopo aver sentito il primo album (2002) di impronta decisamente hard-core, ho scoperto con mio grande dispiacere che la band guidata da Jared Leto ha fatto negli anni una commerciale inversione di tendenza ad un emo-rock che non ha molto da dire se non la tutto sommato piacevole voce del cantante-attore, che però durante un’ora di concerto ha usato più per incitare una platea boccheggiante e far ululare le sue fans che per cantare…insomma, una bella delusione di un belloccio con manie di grandezza e complesso di inferiorità, che invece di esprimere la sua bravura artistica, che non credo sia venuta meno negli anni, ha finito per scimmiottare tristemente l’amico Billy Joe, che avrebbe chiuso la serata.
Sicuramente anche per loro la scaletta non ha giocato a favore, perché i concerti della sera non avrebbero potuto reggere paragoni.
Scenografia sobria, blocchi di fari puntati su un piano quasi a ricreare la skyline della dalla band tanto amata Londra e poi la scarica elettronica e una struggente voce squarciano il silenzio per aprire il concerto di una delle bands indie rock inglesi più promettenti degli ultimi anni. Con In This Light And On This Evening Tom Smith e i suoi Editors hanno regalato agli astanti lunghissimi momenti di fortissima emozione con un’esibizione musicalmente magistrale e una crescente scioltezza del riservato cantante, aiutata probabilmente da bicchierini di dubbia consistenza che lo hanno dissetato per tutto il concerto. Resta poco da dire, basta guardare qualche video per rendersene conto. Per me la serata aveva raggiunto il suo apice.
Ma non era finita…per qualcuno il meglio doveva ancora arrivare…
Sinceramente, dopo la pubblicità fattami dagli esperti in materia di metal, mi aspettavo qualcosa di più dai Coheed and Cambria (chiedo umilmente perdono a chi li ha visti a Torino e successivamente osannati, parere personale...), che hanno performato mediocremente con brani che non mi hanno particolarmente colpito per originalità o bravura tecnica. Ma magari è l’effetto della birra alla ciliegia. E sicuramente ha anche giocato a loro sfavore il fatto di essere seguiti in scaletta da dei sorprendenti e a me fino ad allora sconosciuti Rise Against, il cui nome mi faceva pensare a tutto fuorché ad una voce limpida e calda, accompagnata sì da chitarre dure e rullanti arrabbiati ma che si alternano con abilità a cori e riff melodiosi che a tratti ricordano i Killswitch Engage. Apice dello spettacolo raggiunto con una straziante Hero of War, descrizione e riflessione acustica dell’esperienza di guerra, che ha garantito a questo quartetto di Chicago (che la rete mi dice oggi essere anche politicamente impegnato, Straight Edge, ambientalista e vegano) uno dei primi posti nella mia classifica “the best of Werchter”.
E’ chiaro che dopo tale successo e in attesa fremente degli ultimi due grandi spettacoli della giornata la sorte dei 30 Seconds to Mars non è stata altrettanto rosea. Dopo aver sentito il primo album (2002) di impronta decisamente hard-core, ho scoperto con mio grande dispiacere che la band guidata da Jared Leto ha fatto negli anni una commerciale inversione di tendenza ad un emo-rock che non ha molto da dire se non la tutto sommato piacevole voce del cantante-attore, che però durante un’ora di concerto ha usato più per incitare una platea boccheggiante e far ululare le sue fans che per cantare…insomma, una bella delusione di un belloccio con manie di grandezza e complesso di inferiorità, che invece di esprimere la sua bravura artistica, che non credo sia venuta meno negli anni, ha finito per scimmiottare tristemente l’amico Billy Joe, che avrebbe chiuso la serata.
Sicuramente anche per loro la scaletta non ha giocato a favore, perché i concerti della sera non avrebbero potuto reggere paragoni.
Scenografia sobria, blocchi di fari puntati su un piano quasi a ricreare la skyline della dalla band tanto amata Londra e poi la scarica elettronica e una struggente voce squarciano il silenzio per aprire il concerto di una delle bands indie rock inglesi più promettenti degli ultimi anni. Con In This Light And On This Evening Tom Smith e i suoi Editors hanno regalato agli astanti lunghissimi momenti di fortissima emozione con un’esibizione musicalmente magistrale e una crescente scioltezza del riservato cantante, aiutata probabilmente da bicchierini di dubbia consistenza che lo hanno dissetato per tutto il concerto. Resta poco da dire, basta guardare qualche video per rendersene conto. Per me la serata aveva raggiunto il suo apice.
Ma non era finita…per qualcuno il meglio doveva ancora arrivare…
giovedì 8 luglio 2010
ROCK WERCHTER 2010 - The resistance
…Sì, lo so, già visti, già sentiti e onestamente mai più seguiti dopo Absolution, ma i Muse sono per me sempre dotati di un grande fascino: l’effetto sorpresa. Senza aver sentito una nota dell’ultimo album “The Resistance”, su cui la critica ha espresso pareri discordanti, e sapendo ben poco del precedente, il concerto non ha mancato al suo dovere: stupirmi. Grazie alla versatilità musicale di uno sgargiante Matthew Bellamy (che per un attimo dal look ho scambiato per I Cugini di Campagna), grazie all’impiego di strumenti musicali che una profana come me non saprebbe nominare (chiedo l’aiuto del pubblico musicista), grazie alla fusione di ritmi e generi che spaziano dall’elettronica al pop in un unico pezzo, grazie a una scenografia (di indubbia ispirazione Depeche Mode) luminosa e colorata, a tratti psichedelica, senza dubbio eccentrica, come lo sono i Muse dai loro esordi.
Due ore che hanno messo a dura prova i miei arti inferiori, ma che hanno saputo rapire il pubblico che , più o meno amante della band, sa comunque apprezzare la bravura di questo indubbiamente stravagante trio inglese.
Due ore che hanno messo a dura prova i miei arti inferiori, ma che hanno saputo rapire il pubblico che , più o meno amante della band, sa comunque apprezzare la bravura di questo indubbiamente stravagante trio inglese.
NIETZSCHE FABRIK
SITUA.TO / YOUR CITY
venerdì 9 luglio 2010
NIETZSCHE FABRIK
via Nietzsche, 171 - Torino
dalle h 21.00
Situa.to
il primo luogo in cui sono possibile
Nell’ambito di Your Time - Turin 2010 European Youth Capital,
il progetto situa.to / Your city propone un evento dedicato alla
città e alle sue trasformazioni viste e raccontate da 30 giovani.
Trasformare i muri di Mirafiori in pagine scritte di un racconto,
installare una webcam alla confluenza del Po con la Dora
Riparia, immaginare con i carrozzieri di Borgata Lesna un atto
psicomagico, portare le cicogne ai laghetti Falchera, produrre
un documentario sulla Fiat Grandi Motori prima della sua
demolizione.
Tra marzo e giugno 2010, attraverso un lungo percorso formativo
la città è stata il tema comune di workshop e lezioni tenuti da
artisti, architetti, filosofi, sociologi, attori, musicisti.
Dalle loro parole e dall’esperienza diretta sul campo sono nate
30 situa,
30 interventi d’arte pubblica, microarchitetture, reti fra cittadini,
azioni e servizi ideati per 23 quartieri e 7 comuni dell’area
metropolitana.
La prima restituzione delle 34 situa sarà proposta la sera
del 9 luglio nella festa di situa.to con DJ set di Computer Says NO
________ ______ ________
situa.to / Your city
è a cura di a.titolo, Andrea Bellini, Maurizio Cilli
promosso e sostenuto dalla Regione Piemonte, Direzione Cultura,
dalla Città di Torino e dalla Compagnia di San Paolo
venerdì 9 luglio 2010
NIETZSCHE FABRIK
via Nietzsche, 171 - Torino
dalle h 21.00
Situa.to
il primo luogo in cui sono possibile
Nell’ambito di Your Time - Turin 2010 European Youth Capital,
il progetto situa.to / Your city propone un evento dedicato alla
città e alle sue trasformazioni viste e raccontate da 30 giovani.
Trasformare i muri di Mirafiori in pagine scritte di un racconto,
installare una webcam alla confluenza del Po con la Dora
Riparia, immaginare con i carrozzieri di Borgata Lesna un atto
psicomagico, portare le cicogne ai laghetti Falchera, produrre
un documentario sulla Fiat Grandi Motori prima della sua
demolizione.
Tra marzo e giugno 2010, attraverso un lungo percorso formativo
la città è stata il tema comune di workshop e lezioni tenuti da
artisti, architetti, filosofi, sociologi, attori, musicisti.
Dalle loro parole e dall’esperienza diretta sul campo sono nate
30 situa,
30 interventi d’arte pubblica, microarchitetture, reti fra cittadini,
azioni e servizi ideati per 23 quartieri e 7 comuni dell’area
metropolitana.
La prima restituzione delle 34 situa sarà proposta la sera
del 9 luglio nella festa di situa.to con DJ set di Computer Says NO
________ ______ ________
situa.to / Your city
è a cura di a.titolo, Andrea Bellini, Maurizio Cilli
promosso e sostenuto dalla Regione Piemonte, Direzione Cultura,
dalla Città di Torino e dalla Compagnia di San Paolo
mercoledì 7 luglio 2010
martedì 6 luglio 2010
ROCK WERCHTER 2010 - DAY 1: Il Belgio in Festival
Presi da attacchi di sindrome di Peter Pan, il duetto lussemburghese noto ai locali sotto lo pseudonimo di Trip&Trip (non chiedetevi il perché, la spiegazione sarebbe troppo lunga) ha deciso di intraprendere ancora una volta, dopo un paio d’anni d’astinenza, l’adrenalinica esperienza dei noti festival musicali estivi nordeuropei.
Dopo l’affermato successo del Rock am Ring che ha segnato due freddi ma indimenticabili inizi di estati lontane, quest’anno è toccato al molto meno freddo ma altrettanto vibrante Rock Werchter, che ha animato per quattro giorni di sana musica un ridente villaggio alle porte di Bruxelles. Meno noto forse del leggendario Glastonbury, o dell’affollatissimo Sziget Festival di Budapest, Rock Werchter accoglie ogni anno (da oltre 40 anni!) circa 300.000 persone di ogni nazionalità, provenienza ed età con quasi 60 bands che si susseguono su due palchi allestiti in mezzo al verde della campagna belga.
E se le aspettative erano alte, sono state pienamente battute dalla realtà dei fatti: una line up da mettere a dura prova anche il più allenato dei fisici!
Apertosi giovedì pomeriggio con due gruppi autoctoni che abbiamo purtroppo perso (ma vi garantisco che lo scenario musicale belga sta diventando sempre più interessante e considerevole su scala europea, orecchie aperte!), non ci siamo fatti scappare una Skin in piena forma, che dopo una parentesi da solista si è riunita nel 2008 ai suoi Skunk Anansie. Se con l’ultimo album non hanno avuto forte impatto sul grande pubblico, hanno sicuramente fatto fare agli astanti un tuffo nel passato con i pezzi migliori di Stoosh e Post Orgasmic Chill.
Al rock inglese è seguito il più alternativo made in France dei parigini Phoenix, in tour europeo di lancio del nuovo album Wolfgang Amadeus Phoenix, che sicuramente mostra una band più matura e musicalmente delineata rispetto ai precedenti, seppur belli, album, a mio avviso un po’ troppo “commerciali” (per il popolo di drummers, ditemi se non è bravo questo fenomeno?!).
E mentre sul main stage il rock incalzava, la Pyramid Marquee ha offerto una giornata di apertura all’insegna dell’elettronica, di cui solo La Roux, purtroppo non all’altezza delle aspettative, ha trovato posto nel pomeriggio per me già sufficientemente impegnativo, soprattutto in previsione di una lotta all’ultimo sangue per la pole position davanti ai Muse. (TO BE CONTINUED…)
Dopo l’affermato successo del Rock am Ring che ha segnato due freddi ma indimenticabili inizi di estati lontane, quest’anno è toccato al molto meno freddo ma altrettanto vibrante Rock Werchter, che ha animato per quattro giorni di sana musica un ridente villaggio alle porte di Bruxelles. Meno noto forse del leggendario Glastonbury, o dell’affollatissimo Sziget Festival di Budapest, Rock Werchter accoglie ogni anno (da oltre 40 anni!) circa 300.000 persone di ogni nazionalità, provenienza ed età con quasi 60 bands che si susseguono su due palchi allestiti in mezzo al verde della campagna belga.
E se le aspettative erano alte, sono state pienamente battute dalla realtà dei fatti: una line up da mettere a dura prova anche il più allenato dei fisici!
Apertosi giovedì pomeriggio con due gruppi autoctoni che abbiamo purtroppo perso (ma vi garantisco che lo scenario musicale belga sta diventando sempre più interessante e considerevole su scala europea, orecchie aperte!), non ci siamo fatti scappare una Skin in piena forma, che dopo una parentesi da solista si è riunita nel 2008 ai suoi Skunk Anansie. Se con l’ultimo album non hanno avuto forte impatto sul grande pubblico, hanno sicuramente fatto fare agli astanti un tuffo nel passato con i pezzi migliori di Stoosh e Post Orgasmic Chill.
Al rock inglese è seguito il più alternativo made in France dei parigini Phoenix, in tour europeo di lancio del nuovo album Wolfgang Amadeus Phoenix, che sicuramente mostra una band più matura e musicalmente delineata rispetto ai precedenti, seppur belli, album, a mio avviso un po’ troppo “commerciali” (per il popolo di drummers, ditemi se non è bravo questo fenomeno?!).
E mentre sul main stage il rock incalzava, la Pyramid Marquee ha offerto una giornata di apertura all’insegna dell’elettronica, di cui solo La Roux, purtroppo non all’altezza delle aspettative, ha trovato posto nel pomeriggio per me già sufficientemente impegnativo, soprattutto in previsione di una lotta all’ultimo sangue per la pole position davanti ai Muse. (TO BE CONTINUED…)
Radiohead - The Bends (1995)
Questi giorni di infina afa necessitano di rinfresco. E' difficile trovare riparo in casa figurarci fuori, anche sotto le piante non c'è scampo..
Da questo improbabile pensiero mi salta in mente un disco.. anzi un capolavoro..
e da questo capolavoro una canzone, meravigliosa.. che guarda un po' parla di alberi di plastica! Il diso è The Bends dei Radiohead, 1995, secondo lavoro in studio per Thom Yorke e soci, primo grande passo verso la consacrazione!
Si tratta di uno dei dischi che più mi hanno conquistato, con tantissime sfumature, ma soprattutto con tonnellate di emozioni. Colonna sonora di almeno un paio delle mie estati passate, per chi non lo conoscesse, vi invito a rinfrescarvici la mente!
Buon Caldo a tutti!
Da questo improbabile pensiero mi salta in mente un disco.. anzi un capolavoro..
e da questo capolavoro una canzone, meravigliosa.. che guarda un po' parla di alberi di plastica! Il diso è The Bends dei Radiohead, 1995, secondo lavoro in studio per Thom Yorke e soci, primo grande passo verso la consacrazione!
Si tratta di uno dei dischi che più mi hanno conquistato, con tantissime sfumature, ma soprattutto con tonnellate di emozioni. Colonna sonora di almeno un paio delle mie estati passate, per chi non lo conoscesse, vi invito a rinfrescarvici la mente!
Buon Caldo a tutti!
venerdì 2 luglio 2010
Tanti auguri TOMMY ROCK!
Festa In Piscina
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