Celebrato da Google qualche tempo fa, in occasione del centenario della sua nascita, è diventato uno dei maggiori esponenti della fotografia umanista, catturando nella città di Parigi gran parte dei suoi scatti migliori, raccontandone, in bianco e nero, la vita nelle strade ed immortalando tutte quelle persone che la componevano.
Non mi permetto di giudicarne tecnica e doti artistiche, sono pericolosamente ignorante in materia, ma leggendo alcune sue interviste sono rimasto affascinato dalle sue parole, dalla sua filosofia e dalla spiegazione che amava dare del proprio lavoro.
Così tra fotografie e parole è possibile avvicinarsi al mondo di Robert Doisneau e persino, con tutti i limiti della cosa, costruirne una memoria (come suona Andy McKee).
Un fotografo che ha immortalato un momento splendido, una posa accidentale di qualcuno o di uno splendido scenario, ha scoperto un tesoro.
Quello che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere.
Il fotografo deve essere come carta assorbente, deve lasciarsi penetrare dal momento poetico. La sua tecnica dovrebbe essere come una funzione animale, deve agire automaticamente.
Mi piacciono le persone per le loro debolezze e difetti. Mi trovo bene con la gente comune. Parliamo. Iniziamo a parlare del tempo e a poco a poco arriviamo alle cose importanti. Quando le fotografo non è come se fossi lì ad esaminarle con una lente di ingrandimento, come un osservatore freddo e scientifico. E' una cosa molto fraterna, ed è bellissimo far luce su quelle persone che non sono mai sotto i riflettori.
Un centesimo di secondo qui, un centesimo di secondo là... anche mettendoli in fila, rimangono solo un secondo, due, forse tre secondi... strappati all'eternità.
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