martedì 4 novembre 2014

Cari giudici...

Cari giudici ammetto la mia colpevolezza, ammetto le mie colpe e ammetto il mio disaccordo, non tanto verse le vostre scelte ma verso le vostre figure.
Cari giudici non tenterò di difendere la mia idea di fronte alle vostre sentenze, ne prendo atto anche se ammetto di non avere alcun rispetto per il modo in cui i vostri giudizi vengono rigettati.
Cari giudici, non vorrei però che cadeste in errore, fraintendedo il mio atto di confessione.
Innanzitutto non mi rivolgo a voi Giudici di Tribunali, Corti o Cassazione, a voi non posso rimproverare nulla se non alcune leggerezze nelle dichiarazioni o la volontà di difendere alcuni privilegi a cui vi aggrappate avidamente. Non posso farlo perché non ne ho le capacità, dovrei minare il mio credo nella Giustizia e nei meccanismi che la nostra Costituzione prevede per difendere la vostra indipendenza e il vostro sacrosanto valore nella nostra società.
Cari Giudici dalla "G" maiuscola, per il poco che lo studio del Diritto mi ha lasciato in affido ho infinito rispetto nel vostro lavoro, comprendo la difficoltà dei vostri percorsi all'interno delle selvagge lande della legislatura Italiana, spesso affiancati da avvocati il cui scopo e indirizzarvi verso la loro causa, sfruttando ogni debolezza e lacuna che il nostro diritto offre, facendo giustamente (o forse no?) l'interesse del proprio assistito.
Non sono un ipocrita e non mi scandalizzo delle vostre retribuzioni, provando solo ad immaginare quanto sia pesante per la propria coscienza trovarsi a decidere del futuro di una persona, vincolati al rispetto di normative a volte troppo asfissianti e a volte troppo lascive.
Capisco il vostro senso di soffocamento nel ritrovarsi spesso schiacciati tra il rispetto del diritto e le pressioni dell'opinione pubblica, accetto le vostre conflittualità, rispetto le vostre conoscenze e ammiro la devozione dei vostri studi. Quando non condivido le vostre decisioni ho sempre cercato di comprenderle, scoprendo la maggior parte delle volte che si trattava di decisioni legittime, nel pieno rispetto o obbligo della legge, questa si a volte opinabile.
Cari Giudici non mi rivolgo a voi, le cui contraddizioni e debolezze fanno parte di un sistema senza il quale varrebbe la legge del più forte e regnerebbe un'anarchia cara solo a chi persegue una visione troppo utopica del mondo. Cari Giudici su di voi investiamo la fiducia di una società che se tradita subirebbe da voi il più grande e vile dei torti, perché a voi spetta il compito più importante: far rispettare le regole che tutelano la nostra vita.
Mi rivolgo invece a voi giudici dalla "g" minuscola, a voi dichiaro la mia colpevolezza!
Cari giudici, dunque, un tempo relegati alle piazze e ai bar, armati dei vostri giornali quasi sempre di parte o almeno simpatizzanti dalle vostre opinioni, forti della vostra saccenza e della povertà intellettuale altrui, a voi ammetto le mie responsabilità.
Cari giudici, oggi imbonitori da social network, che dall'alto dei vostri trespoli virtuali vi arrogate il diritto di esprimere giudizi come fossero verità... perdonatemi.
Scusate la mia scarsa opinione di voi, della vostra capacità di giudizio avvalorata frequentemente da un'immagine e da un grumo di parole che la incorniciano, in un link condiviso in tutta fretta, a cui affidate buona parte della vostra informazione, non per pigrizia, ma perché vedete superfluo cercare un opinione diversa o mettere in discussione il vostro sito o credo preferito.
Mi scuso per non riuscire a condividere la vostra smania di esaltarvi di fronte alle notizie che colpiscono i vostri nemici o che esaltano i vostri pensieri, inveendo invece su quelle contrarie, tacciando i loro autori di complottismo e ricorrendo all'insulto come forma di contestazione.
Cari giudici, la cui opinione è sempre verità, accetto gli insulti che affibbiate a chi non la pensa come voi, a chi mette in dubbio la vostra morale talmente coerente da sembrare una farsa, non mi lamento nel vedere quanto vorreste le vostre idee imposte su chi è in disaccordo, avvicinando il vostro modo di fare, pregno di intransigenza, arroganza e presunzione, ai nemici che più combattete, estremisti quanto voi.
Cari giudici mi affido alla vostra mancanza di clemenza, certo di un giudizio severo ed obbligato, magari appoggiato da chi la pensa come voi oppure osteggiato con lo stesso impeto da chi è giudice quanto voi ma dalla parte opposta.
Vi chiederei di tentare di essere più obiettivi, di provare a non bollare un'opinione diversa come merda ma anzi, a cercare di capirne la logica, per aprire il vostro pensiero e magari scoprirvi più tolleranti e saggi.
Certo il rischio di cadere in contraddizione è evidente ed è tangibile quello di potersi sbagliare e doversi addirittura scusare, magari rivedendo le proprie aspirazioni fino a minare i propri ideali.
Questa sensazione potrebbe farvi sentire deboli, spesso in accordo con personaggi dal dubbio profilo, ma capireste anche che condividere un pensiero non significa nulla di più del suo senso stretto.
Potreste ritrovarvi ad apprezzare altri aspetti di questa vita, magari sentendovi più liberi di quanto lo crediate oggi, aggrappati ai vostri pensieri da difendere a tutti i costi, prigionieri delle vostre maschere che vi impongono un solo punto di vista, incatenati alle voci che scegliete di ascoltare.
Questo vi rende nervosi e perennemente in allerta nel difendervi dal pensiero altrui, convinti che anche per gli altri valga lo stesso, confinati in un mondo di battaglie ideologiche su ci vi ergete come portatori di verità assolute.
Cari giudici, ecco perché mi costituisco, perché per me questo non vale, perché lo trovo stupido e nell'ammetterlo di fronte al vostro delirio di onnipotenza non posso far altro che dichiararmi colpevole.


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