Che i motori e le carrozzerie avessero un attrattiva che supera la semplice prestazione non è mai stato un segreto. Da sempre marchi, modifiche e modelli, conquistano più della qualità meccanica, tanto da diventare veri e propri simboli da esporre e curare come feticci. Altrettanto spesso gli appassionati si ritrovano, oltre che nel condividere il proprio gusto, anche nel condividere comportamenti e riti (vedi i tantissimi e divertentissimi raduni).
Anche la musica celebra spesso queste passioni, diventandone a volte l’inno.
Nata tra la popolazione di origine Messicana di lingua ispanica, la cultura Lowrider ha rapidamente invaso gli USA e vede appassionati in tutto il mondo. Si tratta di automobili, di marca e modelli diversi (dalla Chevrolet alla Ford ma anche altre) originariamente degli anni ’50 – ’60 ma oggi senza limitazioni, modificate e personalizzate.
Le Lowrider sono abbassate su sospensioni idrauliche per permettere di rialzarsi in caso di strade dissestate e questa caratteristica viene spesso utilizzata per far letteralmente saltellare la macchina.
Inoltre vengono curati i dettagli, della carrozzeria (sempre multicolore e lucidissima) agli interni in velluto, alle illuminazioni, agli specchietti fino ai moderni impianti audio.
Nel cinema e nelle sitcom americane le abbiamo viste in ogni forma e rappresentazione, spesso anche associate alle bande o alla malavita dei sobborghi cittadini.
Nel 1975 i WAR, formazione Funk con forti influenze jazz, rock e fusion, dedicarono a questa passione una bella canzone ripresa poi da decine di band.Vi propongo tre versioni diverse di questo piccolo “inno” ad un mondo che pochi conoscono, a partire dall’originale dei War, alla versione dei Korn (quella che mi ha fatto conoscere questo brano contenuto in Life Is Peachy 1996), alla versione heavy degli Exodus (band dove militò Kirk Hammett poi passato ai Metallica.. :) -ma che aggancio!!)
lowrider war
lowrider korn
lowrider exodus
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